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Se fosse stagnazione (2.10) - La produzione industriale (nel 2009) è diminuita del 18% in un anno, con punte che toccano il 30% (metallurgia). La produzione dei beni durevoli (macchinari, attrezzature, mobili, auto, tv, ecc.) registra una caduta che va a sfiorare il 25%. Sono dati che fanno la sintesi di una pesante contrazione nell’utilizzo della capacità produttiva degli impianti e nell’impiego della forza lavoro. Sono risultati che configurano delle condizioni operative infauste per i vari problemi irrisolti in termini di risorse, organizzazione, costi, ecc. Condizioni in prospettiva devastanti per l’esercizio e la competitività d'impresa. L’ultimo rapporto “Doing Business” della Banca Mondiale ci ha retrocesso di ben 6 posizioni (65ma) nella classifica dei paesi in cui è più agevole fare impresa. Sono di attualità le notizie di Multinazionali estere in procinto di chiudere unità produttive presenti nel nostro paese e di Ditte nazionali propense a delocalizzare interi rami di attività all’estero. Nel contempo altre nostre imprese “sane” corrono, concretamente, il rischio di passare di mano o di essere smembrate per la “vulnerabilità” derivante da risorse finanziarie sempre più insufficienti. Al momento non emergono significativi segnali di inversione di questo lento declino in atto da mesi. Altrettanto problematico appare invece il contesto nazionale. Un Debito pubblico che ha raggiunto la soglia dei 1800 miliardi di euro e più di 80 miliardi all’anno di interessi. Al pari del PIL anche le entrate tributarie, al netto di incassi straordinari e di imposte una tantum (es. scudo fiscale), sono calate del 5%. Di conseguenza il rapporto Debito/PIL sta puntando sopra quota 120%. L’inflazione è frattanto risalita all’1,3%, con un tasso di crescita dello 0,3 a trimestre. Nell’ultimo anno il potere di acquisto delle famiglie è diminuito di quasi 2 punti percentuali e più del 45% della ricchezza nazionale è posseduto solo dal 10% delle famiglie. La propensione al consumo delle famiglie oscilla da mesi intorno allo zero. Se aggiungiamo all’indice dell' ISTAT i lavoratori “sospesi” e le persone “scoraggiate” (non più alla ricerca di impiego) il tasso di disoccupazione supera il 10% e risulta in lenta, ma costante crescita. Analoga condizione di stallo si registra per la propensione agli investimenti delle imprese. La Borsa alterna timidi segnali di ripresa a sessioni in regresso, non discostandosi dalla media del III° trimestre 2009. Il mercato immobiliare continua a registrare un numero insoddisfacente di transazioni a fronte di una consistente dilatazione dei tempi di vendita. Diventano sempre più percepibili la penetrazione ed il “peso” della economia irregolare. Veniamo al punto. Appare di tutta evidenza la necessità di dare una “scossa” ad un sistema economico che non può permettersi di aspettare l’aggancio ad una ripresa europea e mondiale che è ancora contrassegnata da ampie zone d’ombra. Quella “scossa” fatta di politica industriale, di riforme, di rilancio dei consumi, ecc. che sia in grado di innescare e di pilotare il superamento dell’attuale persistente stato di malessere economico-sociale. Una “scossa” urgente e non più rinviabile. Se il domani fosse ancora come la traversata di un lago ghiacciato ad ogni passo sarebbe facile cadere e scivolare in qualche crepa della crosta gelata. Sarebbe come se fosse stagnazione.

 
 

Primi super cives (10.09) - La nostra Costituzione da sempre afferma che ogni membro del Parlamento "rappresenta la Nazione" ed esercita tutte le sue funzioni "senza vincolo di mandato". Significa stabilire che ciascun Parlamentare, una volta eletto, non è vincolato ad interessi di parte. Viene altresì sancito che il popolo esercita la "sovranità" nelle forme e nei limiti della Costituzione. L’attuale Legge elettorale (il c.d. porcellum) prevede l’obbligo, per ogni partito o coalizione di forze politiche, di indicare il suo “capo”. Il cittadino elettore si limita a votare per delle liste di candidati non avendo la facoltà di esprimere delle preferenze. Da ciò consegue che la possibilità di entrare a far parte del Parlamento di fatto dipende (vincolo) dalla “posizione” assegnata nelle graduatorie fissate dai vertici del partito e che la "sovranità" popolare viene esercitata con il voto dato ad un intero pacchetto di candidati. Un pacchetto preconfezionato ed inalterabile. In tale contesto legislativo si darebbe pressoché per scontata l’adozione di una normativa attenta ai “titoli personali” dei candidati. Viceversa è prevalente un’interpretazione stretta delle cause di “ineleggibilità” alla carica parlamentare. Sono infatti eleggibili “tutti gli elettori”. Elettori distinti solo per l’età anagrafica. Le Giunte delle Elezioni di Camera e Senato, accertata la regolarità delle votazioni, si limitano a verificare, come causa ostativa, la sussistenza di alcuni tipi di incarico-rapporto instaurati tra l’eletto e lo Stato. Nel corso dell’intero processo elettivo non viene posta alcuna attenzione alle “qualità” di chi sarà destinato a rappresentare la Nazione. Nel nostro Codice è prevista, come pena accessoria, la interdizione dai pubblici uffici. Una sanzione che non basta ad inibire ogni possibilità di contagio. Non mancano comunque soluzioni praticabili. Ciascuna forza politica può liberamente redigere un “Codice Etico” finalizzato a disciplinare i criteri di selezione per le candidature. Un codice che individui le fattispecie incompatibili con quel rigore morale e qualità di comportamenti che avvalorano l’affidabilità umana e politica del candidato. Un'ulteriore possibilità è offerta dall'investire le apposite Giunte parlamentari del compito di appurare la sussistenza o meno di procedimenti giudiziari inerenti a reati significativi sotto il profilo dell'interesse pubblico quali corruzione, truffa, evasione fiscale, ecc.. Reati gravi e tali da squalificare ineludibili "requisiti" di rappresentanza (vedi neo-eletto) o rendere incompatibile il mantenimento della funzione svolta. Al termine dell'istruttoria l'Assemblea convaliderà le risultanze acquisite. Le soluzioni qui proposte, enucleando alcune particolari cause di incompatibilità, si configurano come punto di convergenza anche per l'ormai ricorrente diatriba sulla “immunità parlamentare”. Nel merito è infatti è doveroso evidenziare il particolare status dei componenti il Governo. “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”. Quindi l’Esecutivo può risultare composto sia da semplici cittadini, sia da membri del Parlamento. Nulla vieta di estendere ai membri del Governo, nei limiti dell'incarico conferito, le "prerogative parlamentari" così circoscritte. Un sistema democratico, basato su principi di rappresentatività, trova la sua garanzia di trasparenza e continuità nell’affidarsi a soggetti che legiferano e governano da primi inter cives, cioè primi tra i cittadini. Altrimenti sarà inevitabile il formarsi di una casta oligarchica. Quella dei primi super (sopra) cives.

 
 
La "febbre" del Tribuno (9.09) - Il Medioevo si avvia verso la fine. La trentennale “cattività avignonense” di tre Papi ha segnato il declino demografico di una Roma lasciata alla mercé dei "baroni" (Colonna, Orsini, Savelli, ..). L’anno 1347 vede l’inizio di quella la parabola settennale di Cola di Rienzo che ancora solleva interrogativi tra gli storici. Cola era figlio di un taverniere e di una lavandaia. Divenne in un breve lasso di tempo Segretario della Camera Apostolica, Tribuno del popolo, Console, Senatore e Candidatus Spiritus Sancti. Di bell’aspetto, unì agli studi (notaio) ed alla spiccata passione per l’antichità memorabili capacità comunicative. La sua invidiabile oratoria coinvolgeva perfino gli incolti. Cola illustrava i suoi programmi politici ricorrendo all’uso di grandi affreschi dove tutte le figure avevano il loro cartiglio (come nei moderni fumetti). Conquistò il popolo romano proclamando quegli “Ordinamenti dello buono stato” (diminuzione delle tasse, sostegno ai bisognosi, guardie pubbliche e milizie rionali, giustizia uguale per tutti) che rappresentavano a Roma l’esatto contrario di una vita quotidiana fatta di banditismo dilagante e di impunite soverchierie nobiliari, di disavanzo economico e di oppressione fiscale. E fu così che in Campidoglio salirono gli esponenti della borghesia romana (giudici, notai e mercanti) a giurare fedeltà alla sorgente Repubblica. Da Roma vennero cacciati i baroni riottosi al nuovo ordinamento. Poi arrivarono le ambascerie di tutta l’Italia centrale, ma anche da Milano, da Venezia e perfino dalla Puglia. L’Urbe sembrò rinascere agli antichi splendori. Cola di Rienzo rivendicò la potestà del popolo e conferì la "cittadinanza romana" a tutte le genti italiche. Si conquistò anche l’ammirazione del Petrarca. Ma ... Insieme alla fama di novello Cesare, cresceva in lui la ambizione del Tribuno. Interpretò la sua “missione storica" con tale spirito egemonico e tale fervore mistico-profetico al punto che proprio il suo governo, dopo appena pochi mesi, cominciò a ripercorrere gli eccessi del dispotismo appena scalzato. Spinto dall’arroganza di essere un “prescelto” Cola di Rienzo si abbandona al lusso ed alla gola. Si rivale sugli oppositori (veri o presunti) eccedendo in violenze, in estorsioni ed in esecuzioni capitali. Poi, sempre più in preda alla paranoia, “non fa parlamento per paura dello furore del popolo”. Da sempre legato alla benevolenza papale, quando avverte che il potere gli sta sfuggendo cerca l’appoggio dell’Imperatore. Per mantenere i suoi mercenari fa sempre più ricorso alle confische ed all’inasprimento fiscale. Così, l’8 settembre 1354, neppure la sua ultima arringa ferma la mano armata del popolo romano che, ormai esasperato, ha invaso il Campidoglio. Tentò inutilmente la fuga mascherandosi da pezzente ed alterando anche la voce. Il suo cadavere restò per due giorni appeso davanti a San Marcello e venne poi bruciato presso il Mausoleo di Augusto. Dopo cinque secoli G.Belli dedicherà a Cola il sonetto “Lo scordarello”. Cambiano i tempi, ma la febbre del Tribuno non conosce cura o vaccino.
 
 

Fino all'ultimo Scudo Fiscale (7.09) - Il circuito finanziario è come una centrale nucleare. Più è potente e complesso e più sofisticati devono essere regolazione e controllo. Altrimenti si rischia l'esplosione ed il collasso. Per i più la patria è dove sono gli affetti e le radici. Per alcuni la patria è dove si fanno gli affari migliori e si tengono i soldi al sicuro. Sono gli “avventurieri” dei paradisi fiscali. Per loro, in una economia globalizzata, la rincorsa all'impunità fiscale è l’esercizio di un “diritto naturale”. I Servizi presenti nei Paesi off-shore promettono il dislocamento di risorse finanziarie, destinate a qualsiasi tipo di transazione, a cui assicurano la "copertura" del segreto bancario. Questi stessi Servizi danno assistenza non solo per la costituzione di Società/Fondazioni anonime e Società di banca oppure per la gestione di attività e patrimoni occulti, ma anche per la acquisizione di veri status legali suppletivi (seconda cittadinanza-passaporto, divorzi unilaterali, adozioni internazionali, lasciti, ecc.). Diventa allora del tutto evidente l’intreccio tra quell’economia di carta manovrata dai circuiti finanziari e la money’s home dei paradisi fiscali. I nuovi prodotti finanziari, sempre più svincolati dall’economia reale, non potevano trovare più naturale approdo se non là dove il denaro è il valore assoluto. L’ammontare dei capitali italiani dislocati allo estero è valutato in oltre 500 miliardi. Dopo le due precedenti sanatorie sono rientrati nelle casse statali appena un paio di miliardi. Alzare ancora una volta il cosiddetto “scudo fiscale” è soltanto una manovra congiunturale, pensata in funzione anti-crisi, per dare un po' di fiato ai conti pubblici. Un appuntamento cruciale sarà quello di settembre, al G20 di Pittsbourgh. Sul tavolo cifre enormi e smisurati interessi. Se vedremo l’accordo sulle nuove regole globali per una economia più corretta e trasparente, se prevarrà una nuova etica degli affari più attenta all’uomo ed al lavoro allora potremo contare sul superamento della corsa ai paradisi fiscali. Un traguardo ancora da conseguire perfino tra gli stati membri dell’UE. In un’ottica improntata a vera trasparenza dovremmo, tutti e da subito, sapere quali nostre Banche sono attive nei Paesi off-shore attraverso proprie Agenzie locali. Cosa aspettarsi? Quando tacciono coscienza civile e responsabilità sociale lunga e tortuosa è la strada che porta fino … all’ultimo "scudo fiscale".

 
 

Orizzonti del turismo (7.09) - Quando prende quella "voglia" di staccare e di andare allora comincia la avventura del turista. Niente può apparire più disaggregato del settore turistico nostrano. A cominciare dalla attestazione della qualità del servizio di accoglienza. L’attuale classificazione “a stelle” di hotels, alberghi, ecc. non ci assicura (su base nazionale) quell’uniformità di trattamento ricettivo che è la prima aspettativa di una ricerca comparata. Il tempo di viaggio è una delle componenti più significative di una vacanza, specialmente se breve. Le mete raggiungibili in tempi più contenuti sono di per sé più appetibili. Sovente i tempi di viaggio calcolati sulla carta possono risultare sottostimati rispetto alle reali  modalità di spostamento. Discriminante positiva può allora diventare una prospettiva di viaggio in grado di offrire ulteriori elementi di interesse e di suggestione. In modo analogo anche la vacanza scelta sulla base di una precisa destinazione (monti, mare, ecc) può crescere di appeal ove perfezionata con la “scoperta del territorio”. Il binomio integrazione-sinergia è la chiave di volta per il successo di un'area a vocazione turistica. La "cellula base" è il Polo turistico. Il Polo individua un’area geografica (20-25 kmq) che, pur connotata in modo specifico a fini attrattivi, è in grado di soddisfare ai diversi momenti di vita del turista in vacanza. Storia, folclore e tradizione, ad esempio, sono tutti aspetti qualificanti di una realtà territoriale perchè permettono di entrare in simbiosi con il contesto locale e vivere gratificanti esperienze complementari. A fini gestionali più Poli contigui possono confluire in un Bacino turistico. Il Bacino turistico è la formula di gestione organizzata al fine di affrontare, in modo efficace e compiuto, varie tematiche essenziali quali mobilità, rete di servizi, promozione immagine, ecc.. In generale tutti quegli aspetti che possono concorrere alla valorizzazione di pacchetti turistici confezionati in funzione di più categorie di utenza (giovani, anziani, famiglie, ecc). Polo e Bacino, al pari della "cultura dell’ospitalità", presuppongono la scelta e l’impegno degli operatori attivi sul territorio per una condivisione integrata e sinergica dello apporto individuale al business comune. Anche in tema di "offerta turistica" vale il rapporto qualità/prezzo. Sul mercato internazionale il livello di competitività dipende, in misura sostanziale, da una comparabilità della incidenza fiscale (IVA). E' più che urgente adeguare un’imposizione fiscale (10%) oggi pari al doppio di quella di paesi limitrofi e direttamente concorrenti (Francia, Grecia e Spagna) ed insieme equiparare le aliquote di tutte le varie attività coinvolte nello stesso circuito di accoglienza e soggiorno. Guardare avanti è vedere i nuovi orizzonti.

 
 

La "saga" dei clandestini (6.09) - Sono valutati in almeno 800.000 gli immigrati clandestini stabilmente presenti nel nostro paese. Rappresentano una galassia molto variegata di attività e di condizioni di vita. La stragrande maggioranza va ad alimentare il mercato del lavoro nero. Sono i collaboratori domestici, i braccianti agricoli, gli addetti a manovalanza, ecc.. Sono prestazioni disdegnate dal resto dei cittadini per modalità di esecuzione e corrispettivi economici che arrivano a violare i più elementari diritti civili. E’ la comunità dei cosiddetti “irregolari”. La condizione di clandestinità è altresì il naturale serbatoio di attività illecite e malavitose. Lo "stato" di clandestino può, per necessità, trascinare verso situazioni di degrado e dipendenza di tipo schiavistico (prostituzione, spaccio, furto, accattonaggio, ecc). Sono tanti purtroppo i clandestini che sopravvivono in balia di associazioni criminali, spesso governate da altri clandestini. Il recente ddl sulla Sicurezza ha inquadrato come "reato penale", perseguibile d’ufficio, la pura “condizione di clandestinità”. E' come dire che l'essere migrante irregolare presuppone, di per sé, una pericolosità sociale tale da giustificare l’incriminazione penale. Una novità giuridica in netto contrasto con quel principio della “presunzione d’innocenza” che è posta a garanzia di ogni soggetto indagato per fatti oggettivamente lesivi di beni meritevoli di tutela. Resta comunque da evidenziare che molto dipenderà dall’applicazione concreta data al disposto legislativo. Il “reato” di clandestinità assume fondamento ed ha rilevanza giuridica a fronte di “situazioni fattuali” che, prescindendo dai soggetti coinvolti, si configurino come illecite. Vista la natura e la consistenza del fenomeno appare tuttavia prevedibile che l'applicazione letterale e sistematica delle nuove disposizioni è destinata a produrre nel tessuto socio-economico "locale" molteplici scosse e repentine lacerazioni. Ove sia calato su una base culturale orientata al “respingimento” il reato di clandestinità può infatti rappresentare l’occasione, se non il viatico, per azioni discriminatorie e/o di rivalsa perpetrate mediante delazione. Pensando alla comunità dei cosiddetti “irregolari” è difficile immaginare che un clandestino sia in grado di versare ammende da minimo 5000 euro e rischiando comunque l'espulsione. In alternativa, sarebbe più consono e proficuo prevedere il versamento spontaneo, sotto forma di imposta locale, di contributi fiscali commisurati al reddito documentabile. Una sorta di imposta, non subordinata al possesso di uno status legale riconosciuto, da assumere come tangibile espressione individuale della volontà di entrare a far parte della comunità civile. Un attestato provvisorio di “buona fede” da convalidare con la buona condotta. Intanto, capitolo dopo capitolo, la "saga" dei clandestini ... continua.